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Chiesa di SAN PANTALEO - Roma

 

San Pantaleo de prete Carolis nella bolla di Urbano III del 1186 è ricordata come filiale di S. Lorenzo in Damaso; si tratta probabilmente della prima memoria di questa antica chiesa che poi, intorno al 1216, Onorio III fece restaurare affidandola a religiosi inglesi.

Orientato originariamente al contrario di come appare ora, il tempio aveva il suo ingresso in piazzetta dei Massimi, sul lato dunque dove oggi si trova l’abside. Dedicato a San Pantaleo, medico dell’imperatore Galerio martirizzato a Nicomedia, era completamente diverso nell'aspetto dall’attuale struttura: a tre navate con sei altari laterali, col tetto basso e senza volta.

Si presentava ancora così quando, nel 1614, venne concesso in uso da Paolo V a San Giuseppe Calasanzio (1557-1648) che risiedeva nell’attiguo palazzo Torres dove aveva creato un complesso fornito di aule scolastiche, stanze, un refettorio e un piccolo ospedale.

Fondatore degli Scolopi e della Congregazione delle Scuole Pie, le prime scuole popolari gratuite, dopo l’elevazione ufficiale a Ordine delle Scuole Pie da parte di Gregorio XV nel 1625, Calasanzio riuscì ad effettuare alcune trasformazioni per consentire prima di tutto un passaggio tra la scuola  e la chiesa e poi modificando cappelle e rinominandone altre.

Tuttavia l’aspetto globale dell’edificio rimase immutato fino al 1680 quando per opera dell’architetto romano Giovanni Antonio de Rossi subì un integrale rifacimento grazie al mecenatismo del cardinale Gaspare di Carpegna, protettore dell’Ordine.

I lavori procedettero fino al 1689 con alcune interruzioni causate da problemi economici. Comunque alla fine del Seicento la ristrutturazione dell’interno della chiesa era completata e così si è mantenuta fino ad oggi, con la sola esclusione dell’altare maggiore che, progettato e in minima parte realizzato da Nicola Salvi nel 1746-48, fu poi riprogettato da Carlo Murena.

A rimanere incompiuta restò la facciata per la realizzazione della quale occorrerà attendere il 1806 quando Giuseppe Valadier, architetto ufficiale del principe Giovanni Torlonia, per volere di quest’ultimo si occuperà del progetto.

Di aspetto neoclassico, sobrio ed elegante nel suo bugnato liscio (rammenta il paramento esterno del vicino Palazzo della Cancelleria), il disegno estremamente semplice e per l’epoca rivoluzionario, è determinato dal grande timpano sovrastante un unico arcone che incornicia un finestrone riecheggiante le antiche architetture termali romane.

Il portale classico è completato da un altro timpano sorretto da due colonne ioniche.

Il fregio in stucco decorato con panoplie a bassorilievo, dovuto a Pietro Aurelj, interrompe armoniosamente la verticalità dell’insieme.

All’interno la navata unica senza transetto dal profondo presbiterio terminante con un’abside semicircolare porta ai lati solo quattro cappelle, due per parte.

La bellissima volta della navata è stata dipinta ad affresco dal lucchese Filippo Gherardi (1643-1704) che dal 1687 al 1692 realizzò questa opera grandiosa, esempio eloquente di fusione tra architettura e pittura dagli esiti magistralmente illusionistici di dilatazione spaziale: il cielo del Trionfo del nome di Maria sembra aver improvvisamente sostituito la volta erompendo all’interno della chiesa con una folla d’angeli impegnati in acrobatici voli tra scorci arditi di personaggi femminili dalla pelle bianca o nera che offrono alla Vergine dei doni preziosi.

La prima cappella a destra dedicata al Crocifisso ha sull’altare un interessante gruppo scultoreo ligneo del Settecento, Cristo Crocifisso e la Maddalena, a cui fa da sfondo un paesaggio dipinto ad affresco dell’Ottocento.

L’altare maggiore, dedicato a Giuseppe Calasanzio canonizzato nel 1767, poggia sull’urna di porfido in cui sono conservate le spoglie del santo. Come pala d’altare è stato innalzato nel 1802 un rilievo in stucco e taffetas broccato di Luigi Acquisti raffigurante San Giuseppe Calasanzio e gli Scolopi che assistono al trionfo della Madonna; anche quest’opera fu commissionata dal principe Torlonia.

L’antica icona con la Vergine che gli angeli sorreggono presenta soprattutto un interesse devozionale: fu donata nel 1688 ai Padri Scolopi dalla devota perugina Aurora Berti, la cui memoria funebre è visibile nella controfacciata.

Nel passaggio alla sacrestia è conservato l’unico quadro derivante dal primitivo arredo: una tela con i Santi Giusto e Pastore attribuito a Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio.

Su di un pilastro è posta la lapide funeraria di Laudomia Brancaleone (1577) figlia di Giovanni Brancaleone, uno dei protagonisti nel 1503 della disfida di Barletta.

Nella cappella di San Pantaleo l’olio su tela del 1689 di Tommaso Amedeo Caisotti con San Pantaleo che guarisce gli infermi è una copia dall’originale di Mattia Preti.

Al posto di questo quadro nel Settecento si trovava un busto in argento del santo titolare della cappella, scomparso negli anni 1798-99, durante la Repubblica Romana.

La Casa di San Pantaleo, nel cinquecentesco palazzo Torres di piazza dei Massimi, 4 è sede  della Curia Generalizia dell’Ordine; qui vi sono conservati numerosi ex-voto e molti ritratti del santo e di prelati e cardinali scolopi. L’Oratorio dell’Apparizione e la Camera di Giuseppe Calasanzio sono gli ambienti legati alla figura del fondatore.

Il primo è stato decorato nel 1923-25 da Antonino Calcagnadoro, mentre la seconda, dove il santo visse e morì nel 1648, presenta affreschi cinquecenteschi.Hotel con vista Roma

 

 

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