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SAN GIROLAMO DELLA CARITA’

 

Questa chiesa si trova in via Monserrato a due passi da piazza Farnese. Qui S. Filippo Neri abitò dal 1551 al 1583 fondandovi l’Oratorio. Si possono ancora vedere le sue stanze distribuite sui due piani nell’annesso convento.

La chiesa fu edificata, secondo la tradizione, sulla casa di S. Paola che vi avrebbe ospitato S. Girolamo nel 382 quando fu chiamato  a Roma da papa Damaso.

In origine a pianta basilicale a tre navate, fu sede, dal 1524, dell’Arciconfraternita della Carità che tra il 1654 e il 1660 la fece ricostruire da Domenico Castelli.

La facciata è invece attribuita a Carlo Rainaldi.

L’interno dall’unica navata con soffitto ligneo a cassettoni, presenta a sinistra dell’altare maggiore, dedicata a S. Filippo Neri, la cappella Antamoro, ricchissima di stucchi e unica opera certa a Roma dell’architetto Filippo Juvarra, risalente al 1708.

Ma il tesoro più bello racchiuso in questa chiesa poco nota e apparentemente posta in una collocazione defilata è la cappella Spada opera originalissima e stupefacente di Francesco Borromini.

La famiglia Spada, che annoverava tra i suoi membri Padre Virgilio Spada, importante esponente della Congregazione di San Filippo Neri nonché consigliere artistico del papa, commissionò nel 1660 al genio di Bissone i lavori per una cappella gentilizia da realizzarsi in occasione del restauro della chiesa di S. Girolamo.

Padre Virgilio Spada, uomo di grande cultura aperto alle idee più nuove ed esaltanti del suo secolo, fu per tutta la vita grande amico, incondizionato ammiratore e sostenitore di Francesco Borromini, di cui ebbe sempre a propugnare le opere.

Il grande maestro del barocco romano era, all’epoca della realizzazione della cappella, nel pieno della sua esperienza sia umana che creativa, già noto e apprezzato architetto, e soltanto sette brevi anni lo separavano dalla tragica conclusione di una vita intensa seppure estremamente difficile.

Il quasi miniaturizzato spazio, che ha costituito un ulteriore banco di prova dell’artista, appare ricchissimo e magistralmente articolato, con tipologie fuori dai consueti codici a novella dimostrazione della grandissima attitudine del geniale architetto a volgere a suo favore le difficoltà, rendendole fonte di inedite creazioni.

Dedicata ad alcuni esponenti della famiglia Spada morti nei tre secoli precedenti, la cappella doveva celebrare anche la particolare devozione della famiglia al santo di Assisi ed al suo ordine; ed infatti ai lati dell’altare, in due ovali simmetrici, sono raffigurati S. Francesco e S. Bonaventura.

  

L’eccezionalità di questo spazio sacro è tutta informata dal talento dell’autore che, volgendosi a risolvere i problemi dimensionali tramite un’apparente mancanza di forme architettoniche, propone soluzioni straordinarie sia strutturali che decorative.

La totale eliminazione di una balaustra nella sua comune concezione - di separazione netta tra la cappella e il resto della chiesa - consente di interpretare i due angeli-scultura posti ai limiti dell’andito, come tramiti che offrono a colui che si avvicina l’appoggio visibile della morbida tovaglia distesa (il diaspro rigato mima con le sue venature la trama del tessuto) simbolo di accoglienza e totale offerta.

L’unico gradino, ampio e smussato, che prende avvio dal pavimento interno del vano, sporge insinuandosi dolcemente nello spazio della navata. Appare allora all’osservatore l’altro straordinario, quanto fondamentale elemento di quest’opera: il decoro in commesso marmoreo.

Una sorprendente pioggia di rose sembra essere caduta dal cielo su un grigio vellutato fondale.

L’inusitato accostamento di colori – il grigio del marmo bardiglio e il rosa dei fiori simbolo per eccellenza della caducità della vita – rendono efficacemente conto della raffinatezza di questo particolarissimo e affascinante intarsio. Esso prosegue su, su, dilagando a rivestire interamente l’intera superficie della cappella fino a farle assumere le sembianze di un alveo di conchiglia preziosa e rara mostrante il suo interno di luminescente madreperla.

L’intarsio è ovunque, senza soluzione di continuità, unificando visivamente l’ideazione dell’impianto formale alla disposizione del decoro, in un insieme che rammenta molto l’idea di arazzo o di stoffa omogeneamente trapunta e distesa a ricoprire un ambiente intimo, accogliente.

Anche il simbolico e allegorico apparato iconografico entra coerentemente a far  parte integrante del  lavoro in commesso, come un ricamo costituisce la sostanza formante di un arazzo.

I vortici di girali d’acanto della volta in monocromo, gli emblemi della famiglia (gigli, stelle e spade) riquadrati da un folto fogliame, sono i necessari, dettagliati elementi di un tutto perfettamente concluso in sé stesso, che  gli antichi personaggi raffigurati sui loro palchi sepolcrali sembrano approvare soddisfatti. Visitare Roma in due giorni - Prenotazione alberghi hotel Roma

 

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